domenica 9 marzo 2014

Einstein, De Pretto, Hilbert, Majorana, e il WTC.

La teoria della relatività di Einstein pubblicata nel 1905 è stata ripresa da quella di Olinto De Pretto pubblicata nel 1904?
Certo è, che De Pretto (foto a sinistra) l'ha pubblicata per primo. Umberto Bartocci lo sostiene dal 2006.
Vedi il libro di Bartocci e l'appendice tratti da questa sua pagina web. Vedi anche queste sue riflessioni 1^ parte (sono svolte in 6 parti). Vedi anche l'intervista al nipote di Olinto De Pretto.
C'è anche un'altra polemica a danno di Einstein su tale primogenitura, e cioè quella che David Hilbert (foto a destra) sarebbe l'autore della Teoria della relatività, della quale completò le bozze di stampa 5 giorni prima di Einstein, anche se la rivista uscì due giorni dopo quella di Einstein.
Ora, il punto è: Einstein fu vera gloria? O fu un plagiatore eccellente? Pare anche che trasse spunto dai manoscritti della prima moglie, come sostiene, tra gli altri, uno studioso vietnamita. In ogni caso, e la grandezza del personaggio sta proprio qui, mutò per primo il modo di interpretare il mondo fisico, appoggiandosi ai lavori di una vasta comunità scientifica, oltre che ai suoi, come la sua amicizia con Michele Besso, amico - quest'ultimo - anche di Olinto De Pretto. Un po' come quanto ho detto su Leonardo.
E non è che i geni, se mai ce ne sono stati nella storia, siano loro stessi ad attribuirsi questa patente per i secoli a venire, ma è la storiografia e la cronaca, nel caso di Einstein, a dimenticare quanto gli ambienti di provenienza di questi geni siano stati costruttori del genio stesso. Della serie - permettetemi uno scivolone - Accà nisciùno è fesso. Così sono sempre più convinto che si dovrebbe scavare nuovamente in quegli ambienti per valorizzare le prestazioni - diremmo oggi - dei singoli portatori d'acqua a quel mulino che è la scienza e, infine, per valorizzare concretamente il nostro personaggio, evitando di farlo apparire come una testa calda, una specie di mosca bianca circondata da inetti e incapaci, per cui solo lui ha diritto di passare alla storia, mentre di tutti gli altri se ne può fare un falò di carnevale.
Come è accaduto a Gregorio Ricci Curbastro (foto a sinistra), ad esempio, (vedi una biografia) che nessuno ricorda più, ma che formulò il Tensore di curvatura di Ricci, appunto, e che servì ad Einstein per formulare le Equazioni di campo a base della Teoria della relatività generale del 1916, con cui, poi, gli fu attribuito il Premio Nobel nel 1921, anno in cui De Pretto, invece, muore nel dimenticatoio più assoluto.

Non mi associo, quindi, ai detrattori (qui e qui, alcuni tra i tanti) sempre pronti a sputtanare questo o quello per la manìa di novità o per l'incapacità di vedere nelle complesse relazioni esistenti nelle comunità scientifiche. Piuttosto, vorrei che accanto ad Einstein venissero ricordati anche tutti quei personaggi, cosiddetti minori, che sono stati i mattoni con cui si costruì l'edificio della scienza moderna - e penso a Heisenberg, a Pauli, a Marconi, ma anche a Rubbia e a Cédric Villani, per non perdere il gusto del contemporaneo, ad esempio, e tantomeno quello del futuro, che in questi ultimi lustri si va costruendo.
A quando un libro che ridìa il giusto peso a tutti costoro e a quanti - chissà quanti - non ho nominato? Forse ne verrebbe fuori una enciclopedia in 20-30 volumi! Ma io intenderei qualcosa di più maneggevole, ad esempio 500 pagine ben fatte che possa ridare un quadro sintetico ai tanti giovani erroneamente in cerca del genio da osannare. Non si cala un santo dall'altare per gettarlo nel fango, che è l'operazione simmetrica di quella che lo innalzerebbe ai cieli, ma, se mai, lo si pone sull'ambone, tra gli altri che si trovano li in quel momento.

Per concludere, altri dubbi - non direttamente collegati con questi - sorgono sulla scomparsa del fisico siciliano Ettore Majorana nella primavera del 1938 (foto a destra), cioè alla vigilia delle leggi razziali italiane e della fuga di cervelli negli USA, come è stato per Enrico Fermi.
Questa scomparsa e le conseguenti ricerche sono state narrate magistralmente da Leonardo Sciascia nel 1975 nel libro La scomparsa di Majorana e nel suo articolo del 24-12-1975 per La Stampa, nonché, sempre da Umberto Bartocci, in questa sua pagina web 1^ parte (vi sono altre 4 parti, in totale 5).

Ci si domanderebbe: gli USA furono realmente gli inventori dell'energia nucleare? O non sarebbe da attribuire ad altri soggetti, anche se operanti in USA sul finire degli Anni Trenta del '900? Come Oppenheimer (foto a sinistra), ad esempio, vero chairman della bomba atomica, poi testata nei suoi effetti distruttivi in Giappone. Effetti spaventosi, come li aveva definiti anticipatamente 40 anni prima proprio Olinto De Pretto.
E' nota anche la querelle se gli USA siano sbarcati effettivamente sulla luna in quel lontano 1969 con Neil Armstrong, querelle sollevata con "approfondite" analisi di più soggetti sulle immagini ufficiali diffuse dalla NASA, secondo i quali (qui ce n'è uno; vedi anche wiki), invece, furono riprese negli studi cinematografici di Hollywood.

E - tanto che ci siamo - qualche parola sulle Torri Gemelle, il cosiddetto WTC (World Trade Center), bisogna spenderla. Altra incognita, cioè, se realmente la distruzione è avvenuta a cura di un manipolo di Al-Qaida, o se anche in questo caso gli USA hanno fatto tutto in casa, progettando a tavolino - direbbe un qualsiasi losco geometra di provincia - la motivazione "palpabile" da dare al mondo intero affinché si potesse mettere un tappo alla Cina sul fronte occidentale delle porte del Pamir, quel lunghissimo ma ristrettissimo corridoio che conduce dall'Afganistan (dove doveva stare Bin-Laden e, quindi, da invadere) alla Cina, attraverso il Tibet del Pakistan e le propaggini montuose meridionali del Tajikistan, entrambi già satelliti USA. Da notare che da tutte le altre parti la Cina è circondata da satelliti USA, cominciando dalla Korea e proseguendo per il Giappone, le Filippine, la Thainlandia (dal Vietnam erano stati cacciati nel lontano 1969), l'India e, per l'appunto, il Pakistan e il Tajikistan. Dunque, rimaneva solo questo tappo strategico e, allora, che fare? Naturalmente, dalla parte della Russia ... come dire ... nisba!!! Non ci si metterà mai un tappo, ma poco importa, ci pensa l'Oceano Artico che - come si sa - è ghiacciato e, quindi, non navigabile, né da parte dei russi né degli americani (anche se le navi rompi-ghiaccio esistono, ma non sono adatte alla rapidità di un attacco bellico).
Ma si! Mettiamoci un tappo anche qui, e troviamo una motivazione forte, dunque, un affronto senza pari sul suolo nazionale (USA). Cosa di meglio che il centro mondiale del commercio?
Non ricordo dove l'ho letto, ma pare che quel giorno dell "11-9", tremila ebrei che lavoravano da impiegati nel WTC, su oltre ventimila impiegati, non siano andati a lavorare - è evidente, per un attacco etnico collettivo di influenza rino-faringea e in mancanza di analgesico, tipo aspirina. O forse sarà perché il Mossad ha avuto più pietà dei suoi compatrioti che non la CIA dei suoi concittadini, morti in circa 3000.
Vi lascio dedurre quel che c'è da dedurre da questi siti immessi in internet nel 2003, nel 2006, nel 2009, nel 2009, nel 2010, nel 2011 e nel 2014. In quei siti vi sono, poi, tantissimi altri links che possono condurre la vostra ricerca fino all'infinito.
Oggi 27-11-2015 ho trovato conferme di quanto da me asserito qui e qui (qui potrete vedere chi fa parte di quel sito).
Poi dirò qualcosa anch'io su una questione tecnica che sto ancora preparando.
Da qui proviene l'immagine di Ground Zero, da qui quella delle Twin Towers.

domenica 9 febbraio 2014

Leonardo Da Vinci, ancora più genio (versus Roberto Valturio)

Che fosse un genio era indubbio da subito, ma che lo fosse come conoscitore di quanto attraversava la cultura del suo tempo non era del tutto noto.
Le famose opere di Leonardo in materia di macchine militari trovano ispirazione in un marchigiano, Roberto Valturio che, nato a Rimini nel 1405 dove si era trasferita la famiglia che era originaria di Macerata Feltria (oggi in provincia di Pesaro-Urbino), è precursore, e imitatissimo nei decenni successivi, di proposte tecniche relative alle macchine militari d'assedio e d'assalto.

Un libro, De re militari, descrive bene ciò che Valturio illustra con immagini altrettanto chiare, e lo fa nel 1472, stampato a Verona per la prima volta, mentre copie manoscritte circolavano già dal 1453 nelle principali corti europee (vedi nota 1).
Le opere di Leonardo in materia di macchine militari, invece, datano a partire dagli anni 1480-85 in poi.

Che Leonardo fosse un genio, dunque, era indubbio, ma occorrerebbe una rivisitazione profonda degli scritti artistici e scientifici dell'epoca, sia manoscritti che a stampa, per collocare il genio "nel suo tempo", ed evitare di farlo sembrare una mosca bianca nella storia mondiale, cosa che neanche a lui stesso sarebbe piaciuta, visto che di carattere era riservato e schivo e che, probabilmente, il girare per le corti europee ed italiane dell'epoca gli ha fatto incontrare molti libri conservati in quelle biblioteche che, poi, ha saputo magistralmente rielaborare aggiungendoci il suo grande contributo - e proprio qui sta l'ancora più genio.

Leggendo la storia della scienza nel suo insieme, cioè dopo aver metabolizzato la posizione dei singoli scrittori, che possono anche avere un senso di ammirazione per il personaggio di cui scrivono, ci si fa la convinzione che i miracoli sono veramente rari, cioè i geni non esistono, ma esiste il clima culturale di un ambiente che favorisce, talora ma non sempre, l'emergere di qualche soggetto più dotato dei suoi compagni. In genere l'occasione è propizia per le grandi scoperte là dove ci sono i soldi e, allora, si radunano molti soggetti in cerca di riconoscimento, e tra i quali può emergerne uno.
E' accaduto con Talete nel VII sec. a.C., con Platone e Aristotele sempre nella Grecia classica, come è accaduto con il Rinascimento italiano, specie a Firenze, dove dovevano girare molte opportunità di benessere per artisti e scienziati per la presenza dei Medici e dei banchieri del loro entourage, come a Genova, patria del "biglietto di cambio", oggi chiamata cambiale, e a Venezia, dove affluivano ricchezze da tutto il Mediterraneo orientale che questa dominava per mare. E' accaduto nell'Inghilterra capitalistica del Settecento e dell'Ottocento, ultimo genio, almeno per la logica matematica, con Bertrand Russel. Ed è accaduto negli USA, quando si utilizzavano ingenti risorse prima della seconda guerra mondiale per costruire la bomba atomica, con Einstein e i molti altri scienziati che hanno lasciato profondi segni sia nel campo degli studi sulla materia che in quello della relativa interpretazione filosofica.
E così deve essere accaduto anche per Leonardo che, occorre ricordarlo, è stato preceduto da valenti artisti e scienziati.
Poi, quasi sempre, le cose cambiano e si lascia il passo a qualche altro ambiente culturale che prima non emergeva, e ciò avviene per una specie di invecchiamento dell'ambiente culturale di partenza, nel quale non vi sono più spinte ideali ed entusiasmi, ma dove prevale il mero profittare delle situazioni.
Osvald Spengler ha messo bene in evidenza questo fenomeno in un magistrale libro - anche per le pagine, che sono oltre 1500, dove esamina le culture antiche anche orientali e quelle succedutesi fino ai suoi giorni - dal titolo Il tramonto dell'Occidente, del 1923 (Guanda Editore, 1995).
E così, anche il nostro Paese, territorio conteso a nord come a sud da Francesi, Austriaci e Spagnoli e, più blandamente, dagli Inglesi, non avendo una grande monarchia di riferimento, è rimasto preda di costoro per le convenienze di bottega dei "piccoli principi locali". Ancora oggi tale frammentazione, ancorché culturale, appare essenzialmente politica, e  nulla pare favorire una coesione sotto la spinta delle istanze europeiste.